Destinatario Sconosciuto – di Kressmann Taylor

“Mio caro Martin”, “Mio caro vecchio Max”. Comincia così il racconto, scritto in forma di corrispondenza, tra Martin Schulse e Max Eisenstein non solo amici ma anche soci in una galleria d’arte a San Francisco in California. Siamo tra la fine del 1932 e l’inizio del 1934. Martin è da poco rientrato in Germania, a Monaco, una terra che appare finalmente democratica, libera da quello spirito prussiano e militarista che l’aveva condotta verso il baratro della prima guerra mondiale. Ancora non lo sa ma in realtà è un viaggio verso il precipizio e l’abisso morale. D’altronde nel 1932 Hitler non era ancora salito al potere e nessuno di loro poteva immaginare gli  accadimenti che avrebbero, di lì a poco, travolto le loro vite. Max fa parte della comunità ebraica di San Francisco. Martin invece è un tedesco. In passato ha avuto una scappatella  amorosa con Griselle, sorella di Max. Griselle ha molto amato Martin, ma lui era sposato e alla fine ha dovuto lasciarlo. Un segreto fra di loro, qualcosa che rende la loro amicizia anche un po’ complice. Le prime lettere sono cariche di affetto e cordialità, di un’ intima simpatia tra due amici che guardano al futuro come a una promessa ricca di felicità, benessere e allegria, legati da comuni valori e piacevoli ricordi di un tempo gioioso.  A poco a poco però emerge tra le righe della loro corrispondenza l’ombra minacciosa del nuovo ordine che andava definendosi in Germania, l’apparire delle camice brune, la caccia agli ebrei, i pogrom. Max è stupefatto, incredulo alle notizie che gli giungono e che descrivono una Germania sempre più nazificata, intollerante, antisemita. Chiede spiegazioni al suo caro amico tedesco che dapprima appare preoccupato poi, via via, sempre più curioso, convinto ed entusiasta, persuaso che il Führer stia ridando onore e dignità al suo popolo prostrato dopo la Grande Guerra. Si convince che la caccia agli ebrei sia un male minore, un incidente sgradevole ma necessario per consentire alla nazione tedesca di riprendere il suo glorioso cammino verso un radioso futuro. “Mentre scrivo sono certo, come sono certo dell’entusiasmo che mi infiamma davanti a questa visione, che tu non capirai perché tutto ciò é vitale per la Germania. Tu vedrai soltanto che la tua gente sta patendo. Non puoi capire che per salvarne milioni, alcuni devono soffrire. Tu sei soprattutto un ebreo e piangerai per il tuo popolo.  Lo capisco. Gli ebrei sono fatti così. Vi lamentate ma non siete mai abbastanza audaci da combattere. Ecco perché ci sono i pogrom.” Il dramma si compie quando Griselle, giovane amatissima sorellina di Max, che recitava come attrice in un teatro a  Berlino, si trova ad essere in pericolo, braccata dalla polizia  hitleriana. Max non ne ha più notizie, le lettere gli vengono restituite con la dizione “destinatario sconosciuto” segno inquietante di una persona destinata ad essere cancellata dall’umanità e avviata ai campi di concentramento. Max scrive a  Martin e lo supplica di aiutarla, di accoglierla e nasconderla, lo implora in nome dell’antica amicizia, di quei valori di umanità condivisi per tanti anni. Griselle in realtà é fuggita, ha raggiunto Monaco, bussa disperata alla porta di Martin e gli offre il suo più bel sorriso ma questi la respinge, ha paura, la lascia nelle mani delle SA che la catturano e la uccidono. Tradimento dell’amicizia e tradimento dell’amore. Questo porta a fare il fanatismo, il terrore, il conformismo. Martin comunica brutalmente la notizia al suo vecchio socio, la colpa è stata di Griselle, dice, troppo imprudente e avventata. Non sarebbe dovuta venire da lui. E poi è colpevole, colpevole di avere mostrato sul palcoscenico il suo corpo di ebrea ad un publico di ariani.  Ma ora basta! Intima. Basta con questa corrispondenza che sta diventando pericolosa, per lui stesso e per la sua famiglia, che potrebbe essere intercettata dalla censura, che rischia di diventare compromettente, difficile anzi impossibile da giustificare. Trascorre un mese di silenzio e quindi la situazione si capovolge. Si può uccidere con la penna? Max riprende a inviare lettere sempre più affettuose, piene di riferimenti a codici misteriosi che lasciano intendere comuni piani eversivi. Martin è disperato, ora è lui a supplicare il vecchio amico in California di aiutarlo e di cessare quell’invio che già gli ha creato il vuoto intorno. “Ne va della mia stessa vita! Non hai pietà? Smettila finché posso ancora salvarmi! Te lo chiedo col cuore gonfio dell’antico affetto!” Ma le lettere continuano: “Che il Dio di Mosé sia alla tua destra”  conclude l‘ultima missiva. La vendetta è compiuta:  anche Martin diventa un destinatario sconosciuto. Un racconto breve ma perfetto, un meccanismo ad orologeria che stritola i suoi protagonisti, obbligati a scegliere tra l’amicizia e la vigliaccheria, il conformismo e il coraggio, la lealtà e l’opportunismo, la vita e la morte. Una lettura preziosa che descrive come la politica possa avvelenare le relazioni tra le persone, portarle a mostrare il loro volto peggiore. Un monito per ciascuno di noi in un tempo in cui la peggiore feccia politica europea, in Germania, in Ungheria, in Italia nei Paesi Nordici torna a salutare col braccio teso, a usare parole di disprezzo verso i migranti, gli ebrei, i fragili, i dissidenti. Dipende già ora da tutti noi che anche loro (e dopo di loro noi stessi) non diventino presto destinatari sconosciuti.

Roberto Cociancich

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