Storia vera e terribile tra Sicilia e America – di Enrico Deaglio
Dopo i neri vennero gli italiani. Nei campi di cotone, nei porti a scaricare le merci, nel disprezzo e nell’odio della gente degli Stati del Sud: Texas, Louisiana, Mississippi. Fu per questo, dunque, che i tre fratelli Giuseppe, Francesco e Pasquale Defatta, di mestiere fruttivendoli, vennero linciati la sera del 20 luglio 1899. Con loro anche i cugini Rosario Fiduccia e Giovanni Cirami. Furono impiccati, per la precisione, da una folla che li aveva trascinati fuori dalla prigione proprio lì, sul grande albero frondoso della piazza, appesi come i frutti del male, esposti alla vista della brava gente che accorreva a guardare lo spettacolo, monito e insegnamento per chi non voleva capire che sulla Terra non siamo tutti uguali e che c’è chi comanda e chi deve obbedire, chi può uccidere e chi non può neppure difendersi. Una folla di buoni cittadini, chi mai avrebbe potuto metterlo in dubbio, brava gente che aveva deciso di passare immediatamente all’esecuzione della pena senza attendere che ci fosse una condanna e neppure il processo, tanto con quella razza semi africana che erano per loro i siciliani rispettare le procedure legali sarebbe stato solo tempo perso. La loro colpa? Avere sparato al dottor Hodge, il nobile dottor Hodge, così ampiamente rispettato nella simpatica cittadina di Tallulah, contea di Madison, Louisiana. L’omicidio del Dr. Hodge meritava la morte del suo assassino, perdio! non perdiamo tempo! e anche quella dei suoi parenti che non avevano fatto niente ma con quella faccia che si trovavano dovevano essere come minimo suoi complici. “I liva here six years. I know you all. You alla my friends” Vivo qui da sei anni. Vi conosco tutti. Siete tutti miei amici. Fu questa l’unica arringa difensiva concessa a Frank Defatta che però aveva già la corda al collo e le sue ultime parole bofonchiate non lo salvarono dallo strattone finale. Peccato che il dottor Hodge non fosse affatto morto, anzi stava benissimo e visse felice e contento ancora per molti anni a venire. Nè che il fatto per cui si procedeva fosse stato originato solo per un bisticcio riguardante una capretta che lo disturbava. Ma quando si tratta di razzismo, si sa, questi particolari sono abbastanza insignificanti. Furono oltre 100.000 i siciliani di Cefalù ad attraversare l’Oceano Atlantico attratti dalle promesse di lavoro e benessere e ovviamente anche tanti altri di numerose province del Sud della Penisola. I fratelli Defatta non furono gli unici ad essere linciati, tutti furono discriminati, trattati quasi come schiavi, “dagos”, feccia di un’umanità disprezzata e reietta. Eppure molti continuarono a partire anche perché le condizioni di vita in Sicilia a quel tempo erano persino peggio e i Re d’Italia, da poco unificata, non sapevano bene che farsene di quella gente, spesso analfabeta e senza lavoro. Il bel libro di Enrico Deaglio, Storia vera e terribile tra Sicilia e America, parte da quel terribile episodio di linciaggio per andare a indagare il contesto in cui si rese possibile, il razzismo, l’ignoranza, la pavidità dei tanti, l’opportunismo delle autorità italiane, la complicità di quelle americane (mai nessuno fu condannato per quelle atrocità), le giustificazioni dei giornalisti e degli opinion makers del tempo, le voci flebili e afone dei pochi che denunciarono lo scandalo. Un libro che getta una luce chiaroscura su un periodo della nostra storia che molti non conoscono o non vogliono conoscere perché è sgradevole pensare a quanta ingiustizia e sofferenza hanno dovuto sopportare i nostri compatrioti nella più assoluta e spesso interessata indifferenza di italiani e americani per i quali la perdita di quelle vite non era molto diversa dal fastidio di schiacciare un insetto sotto il tacco. Da leggere perché ricordare è il primo passo verso la giustizia, da meditare guardando al nostro presente e a ciò che non vogliamo diventare nel prossimo futuro.
Roberto Cociancich