Hamburg – di Marco Lupo
Memoria di un tempo che pochi conoscono e che molti non desiderano ricordare, Hamburg racconta di ciò che avvenne in Germania durante la seconda guerra mondiale visto con gli occhi di coloro che lì vivevano e morivano sotto i bombardamenti degli alleati. La condanna morale del nazismo, dei suoi gerarchi e dei loro crimini ha per lungo tempo impedito di considerare che anche in Germania vi fu una popolazione che ha sofferto, patito la fame, aveva paura, donne che attendavano senza speranza il ritorno dei loro uomini dal fronte, bambini che nascevano senza conoscere chi li aveva generati, gesti inattesi di solidarietà umana, anziani terrorizzati nei rifugi antiaerei sotterranei, oppositori al regime repressi, incarcerati, giustiziati senza pietà nelle carceri di Jena o di Berlino. Marco Lupo, che con questo libro ha vinto il premio Campiello opera prima, ci conduce, a volte bendati, attraverso un labirinto sinuoso fatto di ricordi, citazioni, incontri, lettere, manoscritti perduti e ritrovati. Giungiamo solo alla fine ad un punto da cui poter capire e osservare tutte le tessere del mosaico che si ricompongono. “Bisogna stare attenti alle storie di guerra. Se ne raccontano tante e molte vere non erano, ma tutte insieme ricordano i frammenti di cui è composta un’epoca, i punti di vista che disseminano le terre abitate, gli aneddoti sparsi che conserviamo come se fossero amuleti o cicatrici sacre”. La storia prende avvio dall’incontro di un gruppo di sconosciuti che hanno in comune solo la passione per la letteratura. Scrivono, leggono, vanno alla ricerca di libri perduti. Dall’acquisto su una bancarella lungo la Senna di un libro del misterioso M.D. nasce il racconto. Nel cuore della vicenda sta la cosiddetta “Operazione Gomorrah”, la distruzione pianificata da americani e inglesi della città di Amburgo che dal 25 luglio al 3 agosto del 1943 fu sommersa da migliaia di tonnellate di bombe convenzionali e incendiarie. Morirono oltre quarantamila civili, quasi altrettanti furono i feriti, la città fu distrutta per tre quarti e così il porto e le zone industriali. Sappiamo che Amburgo non fu l’unica città tedesca ad essere rasa al suolo, lo stesso avvenne a Dresda, Lubecca e molte altre. L’ideatore di questa tattica fu Arthur Harris che oggi probabilmente considereremmo responsabile di crimini contro l’umanità. Ma la storia, si sa, viene scritta dai vincitori e ai vinti non resta che tentare di ricostruire dalle macerie. “Un giorno visitano un cimitero ebraico bombardato e Dagermann guarda le pietre tombali in frantumi. La guida gli dice, questa è la Germania, un cimitero bombardato”. Ricostruire. Un’opera faticosa, amara, fatta di calcestruzzo mescolato con le lacrime e alla quale partecipano non solo i sopravvissuti ma anche lavoratori stranieri, turchi ed italiani. “Storie di uomini sfiancati dalla miseria e dalla paura e trasportati nell’inferno del dopoguerra tedesco con la promessa di una paga”. Perché poi è questo ciò che succede, una tragedia non si conclude mai solo in se stessa, ma trascina con sé altre sofferenze, altre ferite, altre assenze, esilii, lontananze, infine ritorni a casa. Marco Lupo costruisce con pazienza questa trama di avvenimenti e li arricchisce con innumerevoli riferimenti ad altre storie, scrittori, poemi. Il racconto diventa quindi denso, popolato di metafore, collegamenti tra immagini spiazzanti che obbligano il lettore ad avanzare lentamente nel tentativo di non smarrirsi nel vasto universo culturale dell’autore. Non quindi solo un libro di rievocazione storica di un periodo poco conosciuto ma un libro sulla memoria, sul meccanismo della sua formazione e della sua funzione. Centrale appare questa citazione di Brodskij in Fuga da Bisanzio: “La memoria, credo, è un surrogato della coda che abbiamo perso per sempre nel felice progresso dell’evoluzione. Dirige i nostri movimenti, emigrazione compresa. A parte questo, c’è qualcosa di profondamente atavico nel processo stesso del ricordare, se non altro perché non è mai lineare. E poi, più uno ricorda più è vicino, forse, a morire”. Ecco dunque l’opera prima di Marco Lupo venata verosimilmente di ricordi autobiografici, lui nato a Heidelberg e libraio a Torino, custode della storia preziosa del nostro tempo. Perché cos’altro è una libreria con i suoi infiniti volumi se non uno scrigno della memoria?