Estranei alla terra – di José Tolentino Mendonça

 

Cos’è una poesia. Una poesia è un esercizio di dissidenza, una professione di incredulità nell’onnipotenza di ciò che è visibile, stabile, appreso. Una poesia è una forma di apostasia. Non c’è vera poesia che non faccia del soggetto un fuorilegge”.  Chi può avere scritto queste parole? Un bandito condannato all’impiccagione come il grande poeta François Villon? Un poeta maledetto come Verlaine o Rimbaud? Uno scrittore inquieto e tormentato come Pier Paolo Pasolini? Un pirata, un libero pensatore, un cardinale della Chiesa Cattolica? La parola è forza. Le parole della politica sono forza perché possono fare tremare i regni. Le parole della filosofia sono forza perché possono squarciare le idee e le convinzioni. Ma le parole di un poeta sono ancora più potenti, una forza travolgente che la Natura stessa non può contenere perché mettono in moto quanto di più profondo ha  l’anima umana, sono al tempo stesso rivoluzione e pacificazione, vento impetuoso della tempesta e zefiro, brezza mite di primavera che soffia gentile  tra le fronde dove sbocciano giovani foglie.

La poesia sorprende, contraddice, è scoperta di sentimenti nuovi antichi, a volte di malinconia a volte di arditezza. La poesia sa rivelare verità che il discorso dei logici non potrà mai svelare. Rivela l’invisibile, ciò che è nascosto nel cuore degli uomini e che in definitiva è ciò che li muove, li commuove, li spinge a scelte che possono apparire folli e senza senso e che invece rispondono al loro disperato bisogno di dare un senso all’esistenza che ovviamente le norme di diritto e quelle del buon comportamento non riescono a soddisfare. Ecco perché è fuorilegge.

Lo si comprende leggendo la splendida raccolta di poesie “Estranei alla terra” scritte da José Tolentino Mendonça che non è un corsaro ma un cardinale della Chiesa Cattolica, elevato a tale dignità da Papa Francesco nel 2018. Dal 2022 è Prefetto del Dicastero vaticano della Cultura e dell’Educazione. Certo, se consideriamo le scelte che Papa Bergoglio ha compiuto nella scelta dei nuovi cardinali ci rendiamo conto che egli ha spesso privilegiato  chi si è messo a camminare, uomo tra uomini lunga la strada, piuttosto di chi ha preferito l’incenso delle sacrestie. Chi non si scandalizza dell’uomo nella sua miseria e povertà, nella sua fragilità, dovremmo dire con una sola parola: nella sua nuda umanità. Dunque ecco che continua la poetica di José Tolentino: “Una poesia obbliga a pernottare nella solitudine, dei boschi, in campi innevati, in rive incontaminate. Che altra verità esiste nel mondo se non quella che non appartiene a questo mondo? Una poesia non cerca l’inesprimibile: non c’è uomo pio che nella concitazione della sua pietà non lo cerchi. Una poesia restituisce l’inesprimibile. Una poesia non conquista la purezza che affascina il mondo. Una poesia abbraccia precisamente l’impurezza che il mondo ripudia”. Ecco quindi che tra le pagine elegantemente composte dall’editore Crocetti, sono raccolte  poesie che portano il titolo come “La spazzatura del mondo” o “Gli insignificanti” , “I Clandestini” , “Santa Teresa e le prostitute”. Una poetica nient’affatto spiritualeggiante come ci si potrebbe aspettare da un uomo di Chiesa ma che parte invece proprio dalla materialità delle cose, dalla loro corporeità fisica, dal loro profondo radicamento nella vita delle persone e nella storia dell’uomo. Innumerevoli sono i richiami ad altre esperienze poetiche e artistiche, comprese quelle delle arti visive come i quadri di Giorgio Morandi, uno dei quali “La strada bianca” dà il titolo a une delle due raccolte di cui è composto il libro. Il secondo “Teoria della frontiera” rievoca versi di T.S. Eliot (The waste land – La terra desolata) e li intreccia con i versetti dell’Ecclesiaste (tutto il resto è vanità) e ad una dolente meditazione sulla scelta di chi, come Carlo Michelstaedter, morto giovanissimo e suicida nel 1910, ha sentito che la vita  “ti obbligava a restare tutto il tempo, con le mani in alto, come uno che si difende da un pugno e fallisce, finché non riesce più a muovere un dito, né a tenersi in piedi. In questo modo la vita rendeva vicine, verità lontane, con la chiarezza con cui le vedono i morti”.

Un libro di poesia prezioso per chi cerca con fatica tutti i giorni le ragioni per vivere e per credere, una teologia che non cala dall’alto dei cieli ma che si fa strada nella storia dell’umanità come quella di chi è in cammino, povero tra i poveri, corpo tra i corpi alla ricerca di una luce che intravediamo come una crepa nella notte. Meraviglioso.

 

Roberto Cociancich

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