La ricreazione è finita – di Dario Ferrari

Alla fin fine la domanda (prima) è sempre la medesima: “Qual è il volto che avevamo prima che esistesse il mondo?” Per usare parole meno poetiche di quelle di Yeats: chi siamo noi veramente? Quale la nostra identità ultima, quella più profonda, la verità di noi stessi, ciò che noi scopriamo di essere quando adempiamo all’intimazione di Nietzsche “diventa ciò che sei” ?

Ecco il filo rosso sotteso al magnifico romanzo di Dario Ferrari, La ricreazione è finita, colto senza mai essere pretenzioso, percorso dall’inizio alla fine da una irresistibile traccia ironica e autoironica che lo rende una godibilissima lettura pur confrontandosi con temi di grande complessità.

Alla prima si affianca una seconda domanda che l’Autore formula citando le parole di Borges: “Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà d’un solo momento, il momento in cui l’uomo sa per sempre chi è”. Sembra dunque che secondo il grande scrittore argentino l’uomo si riveli nell’azione, così come pensavano i greci, in un gesto rivelatore di ciò che egli sarà per sempre, di fronte a se stesso, agli altri, alla Storia. Ma in realtà non è così perché lo stesso Borges racconta la vicenda di Pedro Damian, un gaucho argentino che nella battaglia di Masoller del 1904 si era comportato da codardo e aveva trascorso il resto della sua vita implorando il buon Dio o il destino di concedergli una seconda occasione e di poter correggere dentro di sé quella vergogna. Un’implorazione che troverà accoglimento.  E’ forse questo anche il tentativo messo in atto da Tito Sella, il personaggio chiave del libro di Ferrari, attorno alla cui esistenza oscura ruotano tutti gli altri? Tito Sella, uno scrittore viareggino pressoché sconosciuto, un anarcoide apprendista rivoluzionario, divenuto terrorista quasi per caso:  è stato un pavido o un eroe? Una vittima o un criminale?

E’ un gioco di specchi e una danza di fantasmi, dove le storie dell’oggi, quelle della generazione disorientata dei millennials osservata senza severità ma neppure troppa simpatia, si intrecciano con quelle della generazione dei padri, i ragazzi degli anni ’70 anch’essi sbandati, pasticcioni, infarciti di idee e di passioni portate dal “soffio piovoso del tempo”. 

Le vicende dell’oggi portano a chiarimento quelle del passato e, viceversa, quelle di ieri illuminano, anche se talvolta cercano di nasconderle e manipolarle, quelle del presente. In realtà, all’inizio, nessuno è come appare. 

L’io narrante, Marcello Gori, giunto alla soglia dei trent’anni e divenuto a sorpresa dottorando in lettere, viene incaricato dal mitico professor Sacrosanti dell’Università di  Pisa di condurre una ricerca su Tito Sella e sulla sua opera autobiografica apparentemente andata perduta “La Fantasima”. Trent’anni sono l’età del passaggio alla vita adulta. Per Marcello come per i suoi amici, il momento dell’assunzione di responsabilità, di trovarsi un lavoro vero, diventare padri, scegliere il proprio percorso. Una situazione esistenziale del tutto simile a quella in cui si erano trovati Tito Sella e i suoi compari della Brigata Ravachol, inizialmente poco più che dei buontemponi e poi progressivamente attratti dal fascino magnetico della lotta di classe, delle parole appassionate e categoriche di Emma nel cui giovane cuore arde la fiamma della giustizia, del bisogno di vendicare la violenza del sistema giudiziario che tutela i ricchi e condanna i poveri. “ A uno Stato assassino e violento è inevitabile rispondere con l’assassinio e la violenza. E’ l’oppressore che arma la mano dell’oppresso”. Scegliere la lotta armata per chi è mosso da un sentimento profondo, per certi versi anche religioso, di giustizia non è un passaggio semplice. Che fare? Combattere, uccidere o ritrarsi? Avanzare o girarsi dall’altra parte? 

Marcello Gori, nella sua indagine letteraria che poco per volta diventa un’investigazione storica  immagina che Tito Sella viva questo tormento e ne descrive il lento evolversi verso il momento fatale: “Il pericolo che avevo corso per tutta la vita era stato precisamente quello: l’indifferenza, l’imparzialità, l’incapacità di schierarsi. Se non ci fossero stati i Ravachol a redimerlo, si sarebbe avviato a una pallida vita di aspirante borghese, inerziale e ineffettuale. Scegliere l’innocenza significa sottrarsi alla lotta, significa scegliere la propria meschina individualità anziché il bene di tutti”. Ecco dunque tracciato il grande solco, la trincea tra i pavidi e i coraggiosi, una trincea nella quale scende anche Marcello, in una Parigi agitata da nuovi slanci di protesta e contestazione, dai Gilets Jaunes  ai vecchi e nuovi teorici di un mondo nuovo, liquido, libertario, orizzontale. 

Sempre in equilibrio tra la commedia, talvolta persino la farsa e la tragedia, il racconto  si snoda tracciando ritratti vivissimi di personaggi comuni, fragili eppure eroici nel tentativo di sopravvivere alla ruota del tempo che gira e travolge aspettative di carriera, progetti di vita, amori fuggevoli. L’autore dissemina nel libro elementi apparentemente di dettaglio che poi metteranno in moto, con un meccanismo ad orologeria, un finale sorprendente in cui ognuno si rivelerà con un nuovo volto e così i tradimenti, le fedeltà e le manipolazioni. La ricreazione è finita è però anche di più: un libro che parla di scrittori e di scrittura, dove la letteratura chiama la vita e costruisce la Storia:  Dante, Petrarca, Gadda, Gogol, Proust lottano per far udire dal passato la propria voce e disegnare il futuro. Un libro sul mondo accademico, le sue paranoie, le liturgie, le rivalità, i concorsi, gli splendori e le miserie. 

Un mondo autoreferenziale per certi versi ipnotico che imbriglia le migliori intelligenze e la loro sete di futuro. La vita è fuori? Dopo essersi bruciati le ali nel fuoco della battaglia contro il sistema, giovani di oggi come quelli di ieri cercano ancora la verità su stessi e gli altri. Per scoprirne il vero volto alla fine c’è un prezzo personale da pagare: forse una vita da ergastolano, forse una da disoccupato. Il cuore però ancora batte e non si è rassegnato. Prezioso.

Roberto Cociancich

La ricreazione è finita