Una merce molto pregiata – di Jean Claude Grumberg

 

In un bosco sperduto da qualche parte tra la Francia e la Polonia (vorrei essere più preciso: tra Parigi e Auschwitz), un bosco fitto e scuro come quello delle favole che ci raccontavano da bambini (le favole fanno spesso più paura delle storie, sono dei meccanismi narrativi fatti apposta per farci venire i brividi prima di rivelarci un lieto fine, lieto fine che però è spesso talmente inverosimile che quando diventi grande capisci che in realtà la vicenda era finita male) insomma dicevo che in un bosco fitto e scuro vivono un boscaiolo e una boscaiola. 

Lui un uomo gretto ed egoista, forse perché segnato da una vita che non gli ha regalato niente e quel poco che ha avuto ha dovuto conquistarselo da solo contro la grettezza ed egoismo degli altri boscaioli come lui. Ogni giorno ringrazia il cielo di non avere avuto figli e giura di non volerne avere mai perché certo ci mancherebbe solo la disgrazia di una bocca in più da sfamare. Lei, la boscaiola, si rammarica invece di non avere avuto bambini perché questo vuol dire anche non avere nessuno da amare.

La boscaiola ogni giorno si reca ai limiti del bosco dove passano treni merci. Sono treni merci un po’ speciali, ci sono delle piccole finestrelle dalle quali escono delle mani. Si sentono delle grida, dei lamenti, “i singhiozzi delle madri, i rantoli dei vecchi le preghiere dei creduli, i lamenti e le urla dei bambini.” … Ma la boscaiola non può saperlo, ha sentito dire  – perché glielo ha detto suo marito – che i soldati tedeschi con la testa di morto come insegna sul braccio cercano “ i senza cuore”, quella razza maledetta, quelli che hanno ucciso Dio e sono responsabili di tutte le disgrazie dell’umanità. Sa che quei soldati con la testa di morto setacciano anche i boschi alla caccia dei senza cuore. La boscaiola pensa soltanto  che il treno sia colmo di ricchezze e, povera ed ignorante come è, sperache dal treno possa giungere qualcosa, una merce, un dono qualcosa che possa alleviare la sua tristezza, la sua solitudine, la sua miseria. Invoca il Dio del treno che doni anche a lei qualcosa.

Dentro il treno merci, per la precisione il convoglio 49 partito  da Drancy il 2 marzo 1942 (ma cosa importano questi dettagli, tanto stiamo parlando di una favola, non è vero?) stanno stipati migliaia di ebrei, accalcati uno addosso all’altro, condizioni igieniche già spaventose (nulla comunque in confronto a quello che li attende all’arrivo). “Dentro vagoni piombati agonizzava l’umanità. E l’umanità fingeva di ignorarlo” Una coppia protegge come può  una coppia di neonati, due gemelli, un bambino e una bambina. Anche di fronte all’orrore, alle voci che parlano di pogrom, all’assenza di  notizie di coloro che partiti su altri treni merci mai più sono tornati, insomma anche di fronte all’oscurità del destino più fitta e angosciante di qualunque bosco e di qualunque favola, tutti comunque sperano che alla fine ci possa essere  un lieto fine. Il padre dei gemelli però sa che non è così, sa che il treno merci li condurrà ad un campo di sterminio, sa che le loro possibilità di sopravvivere anche solo qualche giorno sono minime. Sa che deve fare qualcosa. Il treno rallenta, si sporge dalla finestrella, vede una donna vecchia ai limiti del bosco, afferra la sua bambina, la fa passare tra le sbarre e la getta sulla neve. Fa segno in modo perentorio alla boscaiola, di prenderla. Il treno riparte ed esce dal bosco mentre la vecchia si avvicina e raccoglie quella merce molto pregiata.

Jean-Claude Grumberg, che ebbe i genitori e i nonni portati via su un treno merci (eh, sì, proprio il convoglio 49) imposta così magistralmente il dramma (o la favola se preferite). Un favola scritta per chi ha scelto di vivere o quanto meno di sopravvivere. Un racconto meraviglioso che spiega come l’innocenza di una bambina, il suo sorriso, la sua dolcezza possa commuovere un cuore indurito e spingere anche l’essere più spregevole a mettere a repentaglio la sua stessa vita per dichiarare a sorpresa la verità che anche  i senza cuore hanno un cuore!”.

Il boscaiolo era “ spaventato ma allo stesso tempo sollevato e fiero, fiero di aver urlato in faccia agli altri, di essersi sfogato, di avere posto fine ad un’ intera vita di sottomissione e silenzio”. 

Sopravvivere e poi tornare a vivere come cerca di fare il padre di questa merce molto pregiata, nonostante l’atrocità dei campi di sterminio, perché poi basta anche solo il canto di un usignolo per farti ricordare che “se sua figlia era sopravvissuta egli doveva assolutamente, aveva il dovere di fare tutto il possibile, tutto il possibile per ritrovarla”.

E’ sentirsi responsabili di qualcuno che ci fa sopravvivere, ci spinge a sperare l’insperabile, osare l’inosabile, fare  quello che nessun’altra bestia al mondo potrebbe fare.

Nel momento più oscuro della storia dell’umanità sbocciano grazie alla presenza di “questa “piccola povera merce miserabile ma preziosissima” parole, gesti, scelte meravigliose che portano a tutti noi ancora una volta a riconoscere che “in questo mondo non si può guadagnare niente senza accettare di perdere qualcosina, fosse anche la vita di una persona cara, o la propria”.

Una merce molto pregiata è un piccolo libro meraviglioso, scritto con delicatezza e persino ironia, uno scrittore nel suo stato di grazia, un libro che dobbiamo leggere per commuoverci, indignarci, riflettere, riprendere a vivere e respirare.

Roberto Cociancich

Jean-Claude Grumberg

 

Una merce molto pregiata