La più recondita memoria degli uomini – di Mohamed Mbougar Sarr

Un libro che parla di un libro (celebrato poi stroncato, forse un plagio, dimenticato infine miracolosamente ritrovato). Un giovane  scrittore alla ricerca del suo autore (T.C. Elimane: enigmatico, sfuggente, carismatico). Un gruppo di giovani artisti africani che si incontrano a Parigi (sì Parigi, da sempre patria di coloro che fuggono, di coloro che cercano, che sognano rivoluzioni, disegnano moschee o cattedrali,  anelano al riscatto, si battono per la democrazia, Parigi che ti accoglie e ti respinge, che ti chiede tutto e non ti lascia nulla, Parigi e la Francia, promesse dell’alba, fari di libertà nella notte cupa delle dittature nel  mondo), dicevo dunque un gruppo di artisti che si ritrovano, si amano, si sfidano e soprattutto discutono nelle ore del giorno e in quelle della notte  sul senso del loro lavoro, delle parole scritte, di quelle immaginate o solo ricordate, dell’insoddisfazione del presente, del soccorso che giunge dalla memoria del passato. Infatti: “ … nel percorso notturno arriva sempre quel terribile momento in cui risuona una voce che ti colpisce come un fulmine rivelandoti o ricordandoti che la volontà non basta, che il talento non basta, che l’ambizione non basta, che essere una buona penna non basta, che aver letto molto non basta,che essere famoso non basta, che possedere una vasta cultura non basta, che l’impegno non basta, che la pazienza non basta, che inebriarsi di vita pura non basta, che allontanarsi dalla vita non basta, che credere nei propri sogni non basta, che disossare la realtà non basta, che l’intelligenza non basta, che commuoversi non basta, che la strategia non basta, che la comunicazione non basta, che non basta neppure avere cose da dire e non basta il lavoro accanito .. perché scrivere esige sempre altro, altro, altro”. (aggiungeremmo noi: non solo scrivere ma vivere, lottare, sperare e fare politica esige sempre altro, altro e altro)

Sì, innanzitutto uno straordinario tributo alla letteratura, un fiume di idee e invenzioni possente come sono possenti  i grandi fiumi africani, l’Ogooué, l’Okavango, lo Zambesi, un fiume di immagini, di racconti, di metafore che si intrecciano come le vite dei suoi personaggi, irrimediabilmente legate le une alle altre attraverso le generazioni, i continenti, le lettere, i libri, la memoria più recondita di cui resta traccia tra le persone che amiamo, i luoghi dove abbiamo vissuto, le cose  e gli oggetti che abbiamo posseduto. Vite irrimediabilmente separate dai silenzi, dalle distanze, dai tradimenti, dal tempo che scorre apparentemente senza portare frutto. Memorie che si intrecciano, che si confondono e che ci rendono riflessi di ciò che siamo e di dove e di come ci siamo arrivati.

Un viaggio alla ricerca delle radici, delle origini, delle parole e delle scelte che prima ancora che un uomo nasca segnano la sua vita e la sua parabola, il suo destino. Poco importa  che uno non lo riconosca e lo scambi per il caso. Infatti, spiega Siga D. “il Ragno madre” il caso è sempre un destino che non si conosce”. 

Un libro pieno di incanto e a volte trafitto da esperienze amare e sconvolgenti come amaro e sconvolgente può essere l’amore, l’amore per Aida – ad esempio – inseguito, consumato, abbandonato,  rimpianto, ritrovato, nuovamente tradito. Un libro per tornare alla fedeltà del bambino che siamo stati, alla purezza dei giorni della nostra gioventù, al primo amore a cui abbiamo giurato che non lo avremmo mai tradito. Un libro, forse, per prendere congedo da quel bambino, da quelle promesse, da quell’amore perché diventare adulti “significa sempre essere infedeli ai nostri anni verdi, e lì sta tutta la bellezza dell’infanzia: esiste per essere tradita e quel tradimento è la nascita della nostalgia, l’unico sentimento che un giorno, all’estremo della vita, permetterà forse di ritrovare la purezza della gioventù”.

Dunque un romanzo di formazione, la storia di Diégane Latyr Faye, giovane scrittore senegalese – come senegalese è il vero autore del romanzo, il trentatreenne Mohamed Mbougar Sarr, vincitore a sorpresa del Premio Goncourt 2021 – che procede testardamente a ritroso nella ricerca di ciò che ha generato il  libro dal titolo misterioso “Il labirinto del disumano” e lo conduce, proprio come attraverso un labirinto, a ricostruire le vicende della colonizzazione occidentale dell’Africa, quelle della difficile integrazione o coesistenza degli immigrati in Europa, del dilemma tra assimilazione ai modelli e agli stili di vita occidentali o al mantenimento della propria identità, delle illusioni, della follia e del dolore che le guerre hanno sparso, dei rapporti tra le religioni, della ricerca affannosa del padre, delle notti fragili, allucinate  e dissolute dei locali notturni parigini, delle persecuzioni della Shoah, dei club letterari a Buenos Aires dove riprendono vita tutti i grandi maestri di scrittura che hanno segnato la storia letteraria del nostro tempo: Jorge Luis Borges, Alfonso Bioy Casares, Victoria Ocampo, Witold Gombrovicz, Ernesto Sábato.

Mohamed Sarr li chiama a sé perché questo libro è inteso come un’opera corale, che afferma principi, ideali, morali individuali e collettive  per negarli o ribadirli subito dopo, per consentire alla verità  di emergere poco a poco da frammenti di realtà che vengono a comporre un mosaico inaspettato o quantomeno una traccia, un segno, una memoria, qualcosa che non sparisca, perché in definitiva, anche se incompleta questa  è la vita. Da leggere.

Roberto Cociancich

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