Un Paese dove andare in vacanza – di Giovanni Baiocchi

Viaggio nel carattere degli Italiani

Un Paradiso abitato da demoni? Cos’è l’Italia, chi sono gli Italiani? Secondo Mark Twain il  “Il Paese più disgraziato e principesco della terra”. Innumerevoli sono stati i viaggiatori attratti da questa incredibile contraddizione, i grandi intellettuali europei, gli scrittori americani giunti a peregrinare sui nostri lidi, obbligati al Grand Tour, la visita di formazione nei luoghi dove è nata e cresciuta la cultura che ha definito la nostra moderna visione del mondo: Roma, Firenze, Venezia, Napoli… Fra loro Goethe, Stendhal, Henry James, Heinrich Heine, Téophile  Gauthier. I loro scritti, le lettere dall’Italia, gli aforismi diffusi dalle loro abili penne hanno formato, descritto, consolidato il giudizio spesso impietoso dei nostri contemporanei sul carattere degli italiani, i tanti luoghi comuni, i pregiudizi, gli stereotipi sul nostro modo di affrontare la vita, di stare al mondo, di guardare a noi stessi, la nostra storia, il futuro.

Giovanni Baiocchi, acuto osservatore della realtà italiana e internazionale, anche grazie al suo ruolo di Capo della Segreteria della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato, percorrere con grande raffinatezza culturale e sofisticata (auto) ironia, le strade che hanno condotto alla definizione di un carattere così multiforme, imprevedibile, irritante e seducente come quello degli Italiani. Nelle sue pagine non si trova autocompiacimento e neppure condanna morale del modo di essere di un popolo invaso e devastato troppe volte da potenze straniere per poter ancora credere in se stesso e al tempo stesso troppo esperto e  smaliziato per rassegnarsi alla cultura degli invasori.  Il  punto di partenza è la distinzione  posta dal grande filosofo esistenzialista Kierkegaard, tra “il vivere esteticamente o il vivere eticamente”. Secondo l’aut aut del filosofo danese lo stato d’animo di chi vive esteticamente è sempre eccentrico perché ha il centro nella periferia, mentre  chi vive eticamente non ha paura di “frequentare se stesso” di scendere nel profondo, talvolta l’abisso, dentro di sé. In questa contrapposizione il nostro carattere nazionale è essenzialmente estetico, portato all’apparire più che all’essere, costantemente volto a cercare di fare una bella impressione “fuori”. Come scrisse Saverio Vertone: anche quando prendono il caffè gli Italiani lo prendono due volte: una per davvero, e una per finta, una per noi e una per gli altri. E’ questa incapacità o forse questa volontà di non voler mai scendere nel profondo che in definitiva ha consentito di costruire un Paese dalla incomparabile bellezza monumentale, artistica, musicale. Una bellezza che tende, però, ad accarezzare  solo la superficie, mutevole, cangiante e in definitiva a disorientare i nostri visitatori che ne sono attratti ma che non ci prendono mai veramente sul serio, talvolta persino con nostro sollievo. Siamo uno, nessuno e centomila. Il rituale dell’apparenza ha portato ad una cura dell’eleganza che, come scrisse Mark Twain, fa sembrare le figlie della portiera figlie della regina . Che male c’è?  diremmo noi: non è forse questo che ha consentito alla moda italiana, ai nostri sarti, ai designer, agli architetti di diventare maestri delle loro arti, ricercati e ammirati in tutto il mondo? E che dire dello splendore dei riti religiosi, della maestosità delle chiese e delle basiliche cattolico-romane (mai visti tanti devoti e così poca devozione, scrive Montesquieu) soprattutto se comparate a quelle sobrie, spoglie, austere del Nord Europa protestante? Certo, una spiritualità superficiale, esibita più che praticata. Un’adesione esteriore anche nel rapporto con la legge, sempre formalistica, obbligata, priva di un reale senso civico e l’ammirazione più o meno malcelata per chi è furbo e riesce a farla franca.  Baiocchi ci prende per mano e ci racconta quello che siamo obbligandoci a ridere, a scuotere la testa sconfortati, a coltivare nel fondo del nostro animo il pensiero che siamo comunque meglio degli altri. Qui è la dolce vita, qui la grande bellezza. Ci lascia con un’osservazione penetrante: “Non risulta proprio nessun italiano tra gli inventori di ghigliottine, sedie elettriche, garrote, camere a gas, gulag e quant’altro”. Siamo così, non miriamo a salvare l’umanità, a redimerla dai peccati, guardiamo con sospetto chi vuole diffondere la virtù e la purezza. L’unica nostra vera fede è ostentare la nostra irripetibile individualità. Come diceva Oscar Wilde: “Sì la forma è tutto. E’ il segreto della vita”. Geniale.

Roberto Cociancich

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