Danubio – di Claudio Magris

Volete davvero che esprima un desiderio anche se irrealizzabile? Chiudo gli occhi tenendo in mano il suo libro.  Sì, non avrei dubbi: partire in viaggio con Claudio Magris. Pensate con lui quanti racconti, quante conversazioni, quanti dettagli, retroscena, riflessioni illuminanti: che viaggio straordinario sarebbe! Sfoglio le pagine di Danubio, uno dei libri fondamentali per me e per voi cari amici che mi state leggendo. Perché fondamentale? Perché ci racconta cos’è l’Europa, anzi, chi siamo noi europei.

Innanzitutto però il viaggio.

Senza partire, senza accettare il rischio, la vertigine dell’ignoto, la dinamica del provvisorio, il cambiamento insomma il cammino verso la frontiera nessuna conquista è possibile, nessuna nuova consapevolezza né degli altri né di sé. Dal viaggio nasce l’incontro, la scoperta, talora il conflitto, la cultura, la letteratura. Così è sempre stato nella storia, da Omero a Virgilio, da Dante a Cervantes , da Camoes a  Alexander von Humboldt. Più di recente da Patrick Leigh Fermor   a Tiziano Terzani. Così è per Claudio Magris che ci porta lungo il possente fiume che nasce in Germania e attraversa il nostro continente per 3000 km fino a gettarsi nel Mar Nero. Nel mezzo l’Austria, la Slovacchia, l’Ungheria, la Croazia, la Serbia, la Romania, la Bulgaria, la Moldavia e l’Ucraina. Danubio di Magris non è un trattato di geografia è il racconto di come le genti e i popoli dei territori attraversati dal grande fiume abbiano lottato, cooperato, costruito e abbattuto monumenti, sognato imperi, scritto pagine memorabili di letteratura, musica, filosofia, scienze empiriche. I protagonisti sono loro, gli uomini e le donne che hanno cercato di affermare la loro irriducibile identità e al tempo stesso temperare e tenere insieme le loro diversità. A volte con esiti catastrofici ma poi il progetto è ricominciato, il fiume della Storia ha ripreso a scorrere.  Così è stato fin dai tempi degli imperatori romani. Marco Aurelio e Traiano che vennero qui a porre il limes, la frontiera. “La nostra storia, la nostra civiltà, la nostra Europa sono figlie di quel limes. Quelle pietre dicono il grande pathos del confine, della necessità e capacità di limitarsi, darsi forma. L’Imperium è  argine, difesa, vallo contro la barbarie dell’indistinto e dell’individualità“.

La lotta contro la barbarie, contro il male, è uno dei grandi temi che attraversano il libro. Ecco che ci troviamo sotto le porte di Vienna per respingere insieme a Carlo di Lorena e Giovanni di Sobieski l’assalto dei turchi che se vittoriosi avrebbero cambiato il volto del nostro continente, la nostra stessa vita di oggi. Eccoci a combattere a fianco del principe Eugenio di Savoia, italiano di nascita, francese per educazione, austriaco nelle armi. Un grande europeo. Ora entriamo nella tenda del Gran Visir Kara Mustafa che sconfitto offrì spontaneamente il collo al laccio di seta che il Sultano gli aveva inviato affinché venisse strangolato come avveniva per coloro che cadevano in disgrazia. Ma non è solo rievocazione storica. Magris da ieri guarda all’oggi,  riflette continuamente sulla direzione della storia che come il fiume a volte si torce su se stessa “Respinti 300 anni fa ora i Turchi ritornano in Europa non con le armi ma con il lavoro, con la tenacia dei Gestarbeiter che, sopportando umiliazioni e miserie, mettono poco a poco radici in una terra che conquistano con la loro fatica“. Sono innumerevoli personaggi che Magris incontra nel suo viaggio, enumerarli é impossibile, e con ciascuno di loro egli ragiona, racconta, litiga talvolta: Goethe, Kafka, Lukacs, Grillparzer, Bruckner, Joseph Roth, Konrad Lorenz… Il racconto nasce e si sviluppa da queste conversazioni come la Divina Commedia nasce dei dialoghi di Dante e Virgilio con le anime dei dannati. Le bolge infernali: una grande immagine utile per descrivere la complessità e le sfaccettature del male di oggi. L’inferno sono gli altri sosteneva Sartre e Magris accetta di scendere i gradini dei gironi infernali di oggi, si chiamino essi nazismo, comunismo o qualunque altra forma di dittatura e di oppressione dell’uomo. Magris li guarda in faccia, uno ad uno: ecco Mengele, che aspirava a  somigliare all’angelo della morte,  ecco Eichmann che trova riparo nel convento di Windberg, ecco il grande pittore Albrecht Altdorfer che 400 anni prima aveva già capito tutto e dipinto sulle pale d’altare dell’abazia di Sankt Florian i loro “visi ebeti e torvi che mostrano tutta l’ottusità del male“.  Ma non ci sono solo anime perdute lungo il Danubio: incontriamo a Ulm Hans e Sophie Scholl “i due fratelli arrestati, condannati a morte uccisi nel 1943 per la loro opposizione al regime hitleriano. “Erano giovani, non volevano morire e spiaceva loro lasciare la seduzione delle belle giornate, come Sophie disse tranquilla il giorno dell’esecuzione, ma sapevano che la vita non è il supremo valore e che diventa amabile godibile solo quando essa è posta al servizio di qualcosa che è più di essa e che la rischiara e riscalda come il sole“. 

Fra i tanti volti che scorrono questi sono quelli dell’Europa che amiamo, in cui ci riconosciamo   e che la lettura di questo libro ci aiuta, spero, ad assomigliare. 

Buon viaggio!

Roberto Cociancich

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