La cura inaspettata – di Alessandro Aiuti

Cosa c’entra, chiederete voi,  la guerra Israelo-palestinese con la cura dell’AIDS? Un intreccio imprevedibile. Una storia nella storia. Una speranza nata dalla disperazione. Una guarigione che fiorita dalla malattia… Fermi tutti! Fatemi rimettere ordine nelle mie emozioni e ricomincio daccapo. A partire dagli anni ’80 la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) ha seminato in tutto il mondo panico, morte, stigma sociale. Di fronte a questa nuova malattia, i medici e la scienza sembravano ammutoliti e impotenti. Le persone che ne venivano colpite erano considerate come appestate, la loro sorte segnata senza speranza, quando morivano non trovavano neppure servizi di pompe funebri disposti a seppellirle. Erano “emarginati, peccatori, rifiuti della società”. La condanna sociale, la percezione del rischio era rivolta  alle persone anziché ai loro comportamenti.  L’accumularsi di pregiudizi, di paure, di ignoranza portava ad isolare non solo i malati ma anche le loro famiglie e questo spingeva chi ne era colpito a non dichiararlo per proteggere le persone care. Persino una celebrità trasgressiva e coraggiosa come Freddie Mercury comunicò la sua condizione solo 24 ore prima del decesso. Svolta decisiva nella percezione del rischio fu quando il celeberrimo immunologo Fernando Aiuti diede un bacio sulla bocca ad una ragazza sieropositiva davanti ad un fotografo. Quell’immagine forte e scioccante fece il giro del mondo e comunicò meglio di qualunque rapporto scientifico il messaggio che lo scambio di saliva e dunque la convivenza con chi è sieropositivo, non comportava in quanto tale il contagio. Fernando Aiuti ha dedicato gran parte della sua attività professionale a spiegare i comportamenti e le precauzioni atte a prevenire il contagio e la sua ricerca scientifica ha contribuito in modo decisivo a far sì che a metà degli anni ’90 venissero individuate le cure retrovirali che oggi consentono a chi contrae il virus di bloccarne lo sviluppo  e ad avere un’aspettativa di vita pari a quella di qualunque altra persona.

Questa è la premessa. Ma il conflitto tra arabi e israeliani? Un attimo, ci arrivo.  C’è un passaggio di consegne di padre in figlio, da Fernando ad Alessandro Aiuti, anch’egli medico, ricercatore, primario di immunoematologia, autore del bellissimo libro “La cura inaspettata – L’HIV da peste del secolo a farmaco di precisione” in cui viene narrata questa storia appassionante che ha visto le migliori intelligenze di tutto il mondo unirsi per lottare contro questa malattia crudele. Poi c’è un’alleanza, quella con la Fondazione Telethon, che da anni conduce con straordinario rigore scientifico un’attività a sostegno della ricerca e in particolare per la cura delle malattie rare. Grazie a loro è stata messa a punto all’Ospedale San Raffaele di Milano una terapia che sfrutta la capacità del virus HIV di infettare le cellule per farlo diventare vettore di materiale genetico utile e quindi di modificare il DNA in modo stabile e nel senso desiderato trasferendo  nelle cellule di una persona affetta da una malattia rara le informazioni per riparare un difetto ereditario o aggiungere una nuova funzione terapeutica. In pratica l’HIV da portatore di malattia e morte  viene oggi utilizzato come messaggero di vita, guarigione  e speranza per chi prima non aveva alcuna cura. Le malattie rare sono quelle per le quali nessuna industria farmaceutica investe risorse perché i costi non sono economicamente sostenibili.

Salsabil è una bambina palestinese con una grave immunodeficienza che l’avrebbe portata sicuramente alla morte così come era già avvenuto per suo fratello maggiore. Ricoverata al Hadassah Medical Center di Gerusalemme la sua situazione era disperata. Ed è nell’ora buia di quella disperazione che nasce la prima guarigione: una straordinaria storia di collaborazione che ha visto il medico Israeliano Shimon Slavin mettersi in contatto con l’equipe di Alessandro Aiuti, studiare con il contributo italiano il protocollo terapeutico, la famiglia palestinese di Salsabil affidare la propria figlia, la loro cosa più preziosa all’ospedale di Gerusalemme. La cura ha funzionato, la terapia genica oggi è disponibile anche per tante altre malattie rare, la scienza, la fiducia tra le persone, la ricerca volta a far prevalere la vita sulla morte ha consentito di trasformare  un virus mortale in un farmaco in grado di curare malattie considerate incurabili. Ci sono tanti altri virus oggi, specialmente in quella regione, alcuni si esprimono  nella follia terroristica, granate, mitragliatori e missili. Chissà se un giorno gli uomini si ricorderanno che cercare insieme la vita è molto più appassionante e nobile che darsi reciprocamente la morte.

Roberto Cociancich

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